Ideas of Lught di Antonio Tolve

Eduardo, l’uomo dalla valigia di Erminia Pellecchia
10 Settembre 2015
sulle tracce di Calder
10 Settembre 2024
Mostra tutti

Ideas of Lught di Antonio Tolve

Elastiche e vibranti, liquide e spaziose, legate – tra l’altro – ad un tessuto visivo di chiara impostazione postinformale, le opere di Eduardo Giannattasio rappresentano uno sguardo diretto sul teatro della quotidianità: campo di lavoro, questo, ripercorso con energico sperimentalismo e gustoso cromatismo atmosferico.

Lavorando nei sentieri dell’incisione a secco – ma strabuzzandone il sillabario – l’artista presenta, ora, in questo spazio ameno e leggero del Perbacco, una serie di lavori il cui procedimento, pur ripercorrendo le linee generali dell’acquatinta e dell’acquaforte, è stato denominato dall’artista acquamarcia. Si tratta di strutture monotipiche di straordinaria fattezza in cui è possibile avvertire la torchiatura della carta e, nel contempo, un ordine discorsivo in cui il fuoco si fa, a mio avviso, pennello totale, apparecchio cromatico volutamente slabbrato e furioso.

Ereditando un gusto primitivistico della pittura in cui, il ritorno alle cose, tratteggia, ancora una volta, il lato oscuro e rivelatore del mondo, Giannattasio, formula un andamento estetico che altera le analisi linguistiche di matrice pollockiana metamorfosandole in abili e veloci estensioni tecniche tese a rinnovare il rapporto tra l’opera e il suo ordine interno grazie a vere e proprie performance rivelatrici.

Quelle di Giannattasio sono, difatti, ricerche visive in cui il fuoco – medium privilegiato – enuncia le regole d’un ragionamento fortemente legato al tempo e alla temporalità, allo spazio, ai primi materiali di un’idea che si mette in movimento attraverso controllati comportamenti gestuali.

Piromane della pittura, Giannattasio tende, fondamentalmente, a controllare il fuoco per farlo diventare pennello e colore assieme; strumento assoluto (e assolutistico) che determina le ragioni (e le regioni) della creatività.

Azionando un programma che ritorna alle origini dell’uomo e al suo rapporto con riti e miti della vita interiore, l’artista dà origine ad un corpo a corpo con il fuoco attraverso liturgie segrete e movimenti fisiologici (e morfologici) che trovano, nella danza e nel movimento, il primo aspetto del proprio lavoro. I suoi quadri, come le plastiche lavorate con la fiamma ossidrica, sono il risultato di una tecnica [perfezionata nel proprio studio, luogo intimo nel quale «si possono ancora incontrare, in qualche sfumatura, in qualche pennellata, elementi di un’arte rivoluzionaria» (Majakovskij)] che celebra una fonte di luce e di calore: quella del fuoco appunto, elemento al quale Giannattasio si affida per il compimento, la concretizzazione e la precisazione postproduttiva della propria manovra artistica.

Spruzzando il basamento con pigmenti ammorbiditi in alcool etilico, l’artista genera degli sgocciolamenti e delle combinazioni tra il segno del pennello e la screziatura cromatica per storcere, poi, la prima trama del discorso con un incendio totemico – metafora di sentimenti, passioni, desideri incontrollabili – che riarde la superficie modificandone sensibilmente gli statuti interni. L’azione delle fiamme, difatti, rivela, a processo concluso, un piacevole complesso figurativo in cui forme acefale e corpi altamente eroicizzati (ridotti a larva primordiale e a ricciolo sensuale), sembrano fuoriuscire da un riarso magma cromatico che dona splendore e agilità all’intera composizione.

In questo modo, le figure che emergono dai suoi incendi pittorici sembrano derivare dal subconscio stesso dell’artista, da ciò che è sostanza travolgente, poiché esse sono create – o quantomeno rimodellate – dalle qualità (metamorfosiche), magiche e mistiche, del fuoco; teatro oscuro in cui l’artista genera figure su lingue di calore per donare ciò che resta d’un armonioso movimento estetico e, naturalmente, mentale.